Lo scrittore tedesco Hermann Hesse – premio Nobel per la letteratura nel 1946 – ci ha abituato nei suoi scritti all’analisi dell’essere umano.
In Siddharta scritto nel 1922 le dottrine spirituali fanno da sfondo ad un romanzo in cui non mancano gli elementi del dramma come l’abbandono, l’eroe e la sua controparte, il dolore e l’insegnamento morale, in La cura, romanzo del 1925, con sarcasmo ci descrive il percorso di un uomo alla ricerca del vero sé in una cornice tipicamente mitteleuropea, con Il gioco delle perle di vetro, vasto romanzo scritto tra il 1931 e il 1946, cavalca l’utopia di una perfetta comunità spirituale. Il libro che oggi voglio presentarvi ha un’altra impronta. In giardino è una raccolta di piccole pagine di diario unite a poesie bucoliche, inframezzate dalla riproduzione di disegni ad acquerello che il grande scrittore produceva con gioia, momenti che ci avvicinano al suo privato.
Nel 1958, al compimento dei suoi ottanta anni, Der Spiegel uscì con in copertina la foto di Hesse in comodo abbigliamento da giardino e cappello di paglia che valse allo scrittore la critica di essersi rifugiato nel suo orticello e aver snobbato il mondo della letteratura. Der Spiegel prese invero una bella cantonata, la foto risaliva a molti decenni prima, inoltre quel giornale stava cavalcando vecchi retaggi, e gli rimproverava ancora qualcosa, anche se ormai fuori dal tempo. Durante il nazismo i libri di Hesse erano all’indice, di fatto pubblicava all’estero e gli veniva rimproverato dopo il 1946, di aver snobbato la docenza universitaria e di conseguenza il mondo intellettuale tedesco. Se in patria non ebbe fortuna nonostante il Nobel per la letteratura, nel resto del mondo ebbe grandissimo apprezzamento al punto da meritarsi il riconoscimento come scrittore universale.
Der Spiegel lo aveva dipinto come estraneo alla realtà, e il marchio di vecchio giardiniere lo bollò a lungo. Consideriamo che moltissimi anni prima, intorno al 1904, in una critica letteraria gli era stato riconosciuto il grande amore per le creature del cielo e della terra che riportava nei sui romanzi e nelle sue liriche come una ricchezza di sentimenti e pensiero.
Nei primi anni del secolo, prima della Grande Guerra, l’approccio con la terra e la coltivazione era stata per lui determinata dalla necessità di vivere una vita autarchica, coi prodotti che nutrivano in via prioritaria, mentre il suo rapporto con il paesaggio si sviluppò in seguito. L’esperienza spirituale e la frequentazione con la psicanalisi lo avvicinarono ad una concezione relativa agli spazi aperti, la conoscenza di territori e infine la salute fecero il resto. Nei suoi continui spostamenti in giro per il mondo il paesaggio attorno a quella che sarebbe stata la sua casa assumeva una priorità, e la sopraggiunta grave malattia agli occhi non gli consentiva un approccio al lavoro diverso da attività da cui potesse ricavare un rilassamento. Così il lavoro di giardiniere gli consentiva di stare impegnato e gli forniva un lavoro che lo distraesse.
La terra di cui di volta in volta nei suoi spostamenti da una casa all’altra poteva disporre, veniva valorizzata ricavandone angoli di mondo in cui erano presenti alberi da frutto, vigneti, aiuole fiorite, verdure per la tavola ed erbe aromatiche, curate con soddisfazione. Lo immaginiamo nella serenità della sua terra, con attorno nient’altro che altri vignaioli come nel suo giardino vicino al lago di Lugano. I colori sgargianti delle fragole e delle aiuole fiorite che spesso trasferisce in delicati acquerelli. Ci regala le stagioni, frammenti di vita, pensieri ma anche profumi di aspri deliziosi narcisi e quello pungente del gelsomino rammentandoci l’importanza dei cicli che consentono il cambiamento e della necessità di non farsi prendere dalla frenesia.
Per festeggiare la mia ultima estate qui ho piantato in giardino centinaia di dalie, malve e garofani scrive Hesse nel 1912 prima di trasferirsi a Berna. Un ortolano o un giardiniere fuori dagli schemi, che ci parla di interiorità, della magia delle forme della natura e del fascino, con la consapevolezza che non si guarda solo con gli occhi, ma che molto parte dall’anima. Possiamo essere creatori nel nostro giardino, mossi dalla stessa energia – quella che Hesse definisce indivisibile entità – che è in noi e nella natura.
Nell’audio un brevissimo assaggio delle sue liriche.
Maria rosa
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