di Vasilij Grossman
Aspettavamo da tempo che Adelphi pubblicasse questo libro scritto da Grossman nel 1941 e pubblicato in Russia nel 1943. Lo aspettavamo con ansia. Adelphi già ci aveva regalato dello stesso autore Vita e destino e Stalingrado, due grandi romanzi sulla seconda guerra e con Il popolo immortale completa il ciclo, anzi quest’ultimo pubblicato è senz’altro da considerare il primo di questa trilogia.
Vasilij Grossman, giornalista e scrittore russo, in precedenza ingegnere minerario in Donbas diventò inviato di guerra per celebrare l’epopea sovietica. Lavorò a una corposa opera sulla guerra, incentrata sulla battaglia di Stalingrado. Da corrispondente di guerra seguì l’esercito russo fino al fronte tedesco. Ma l’opera trascese l’intento, non divenne narrazione di gesta eroiche per la grandezza dello Stato, risultò piuttosto una appassionata analisi del sacrificio umano in guerra.
Con Il popolo immortale intendeva dare una cronaca di una guerra mai vista prima ma fa molto di più, ha dato respiro ai sacrifici del popolo russo durante l’invasione tedesca.
Che cosa me ne faccio, ora, della mia vecchia vita, del mio lavoro ostinato e prezioso, di gioie e delusioni, dei miei pensieri, delle pagine che ho scritto? si chiede il protagonista del romanzo Sergej Bogarëv mentre percorre il fronte nell’agosto del 1941.
I tedeschi avanzano e le truppe sovietiche retrocedono.
Bogarev è un cittadino trasformato in commissario politico di un battaglione che nel tentativo disperato di rallentare l’offensiva nazista, si ritroverà isolato oltre le linee nemiche. Racconta i primi duri, drammatici mesi dell’invasione tedesca, dipinge le distruzioni, la paura, la marcia notturna dei contadini per sfuggire alla prima linea sotto i proiettili.
Ma ci apre anche la via ai pensieri, al cuore, alla nostalgia di casa e alla necessità di pace. L’accurata descrizione del paesaggio visto con gli occhi di questi soldati fa scoprire la loro intima essenza di uomini semplici legati alla terra e alla vita nei boschi e che si trovano ora a strappare un giorno in più al destino nell’inferno che fu il fronte russo.
«Il popolo è immortale, la sua causa è immortale. Ma non si può risarcire la perdita di un uomo!»
Maria Rosa