Un piccolo capolavoro questo saggio di Aldo Cazzullo, avvincente come un romanzo.
Racconta la Torino degli anni 1950-1961, titolo I ragazzi di via Po – sottotitolo “Quando e perché Torino ritornò capitale”.
Già, perché Torino fu capitale, del nuovo stato unitario e già capitale del Regno di Sardegna (per pochi anni poi la capitale fu spostata a Firenze poi a Roma). Torino città tanto snob quanto colta, con influenze francesi, nel corso degli anni è stata la casa di molti cambiamenti, uno specchio della società italiana.
Il libro prende l’avvio dal 1945, terminata la guerra gli Alleati il 4 maggio entrano a Torino e trovano ordine e servizi pubblici funzionanti sotto la guida del Comitato di Liberazione Nazionale, i beni e gli stabilimenti FIAT erano sotto sequestro insieme a tutti i beni del cofondatore e presidente Giovanni Agnelli definito da Mussolini “il primo senatore del fascismo”, tempo pochi mesi pur epurato, il senatore viene rilasciato dal carcere delle Nuove e messo sotto la protezione degli Alleati, i beni riconsegnati con il solo patto che il vecchio senatore si dimetta da presidente. Le città cambiano, anche Torino cambia e a volte la memoria si perde e tutto questo apparirà grottesco quando anni dopo gli operai comunisti verranno licenziati dalla FIAT. Aldo Cazzullo parte da qui, per parlare di una Torino che si rialza, pur con molte ambiguità, che dà un pezzo greve di memoria in cambio di posti di lavoro, lasciando che la progenie doppiogiochista degli Agnelli continuasse a tenere i piedi nella politica italiana e determinasse una massiccia migrazione interna dalle regioni del Meridione senza avere neppur pensato a come far fronte – dal punto di vista sociale – a questo fenomeno.
Per fortuna Torino non è la FIAT, e per dirla con Nietzsche “questa è veramente la città che occorre”!
Un gruppo di amici, Giulio Einaudi, Elio Vittorini, Franco Fortini, Giulio Bollani, Cesare Pavese, danno vita ad una splendida stagione della Casa editrice Einaudi a Torino e Aldo Cazzullo, attraverso le dichiarazioni di molti esponenti della cultura europea ci fa assistere ad un dibattito intellettuale che poi portò anche alla nascita di altri importanti editori e il lavoro di grandi della letteratura italiana e straniera che in Einaudi furono redattori e vivevano quasi come in una colonia, tra la sede di via Biancamano, le cene in pizzeria o nelle trattorie in collina e la domenica tutti al mare.
Scopriamo una Torino officina dell’arte e macchina del nuovo, evoluzione tecnologica che si affianca alle prime progettazioni di design (vedi Farina) e i designer di Ivrea dei Laboratori Olivetti, avanposto della ricerca scientifica che progettano nuove macchine per il calcolo e linee estetiche che varranno loro un riconoscimento al Museo d’arte Moderna di NY con la lettera 22, una leggera rivoluzionaria macchina per scrivere.
Dopo la guerra la frenesia della città richiedeva di ricominciare la vita sociale e culturale, confronti e sodalizi nascono e danno vita ad associazioni e circoli, la Casa della cultura e il Centro Gobetti tra gli altri. Torinesi che entrano nella vita politica, le vicende della stampa e l’idea di un nuovo giornalismo (Cesare Pavese ad un nuovo collaboratore consigliò “leggiti qualche libro, maneggi meglio il mitra della penna”) o le storiche terze pagine, l’interesse per il cinema e la radio, qui nacque la prima generazione RAI, ci racconta l’autore, fino ad arrivare ai movimenti studenteschi del novembre 1967 e le rivolte all’Università che anticiparono il Sessantotto francese e le lotte operaie.
Ma come sempre per spiegare l’evoluzione della storia bisogna a volte tornare indietro e incrociarne i protagonisti e Aldo Cazzullo ci accontenta.
Lascio a voi lettori il piacere di scoprirli, sono i ragazzi e le ragazze di via Po, il luogo del passeggio e dei suoi caffè alla moda divenuti luoghi simbolo della città, non più capitale ma capitale della cultura.
maria rosa
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