di Alina Bronsky
Non cerchiamo ricette di cucina in questo bel libro di Alina Bronsky, non ce ne sono, troviamo sì qualche piatto della tradizione tatara che la protagonista prepara di tanto in tanto coi prodotti dell’orto collettivo che lo Stato mette a disposizione. Lei, Rosalinda, una donna bellissima, di origini tatare ormai russificata, è al centro di questo romanzo avvincente, scorrevolissimo, ironico, divertente. Una vera sorpresa, dopo aver letto la quarta di copertina che mette in evidenza l’essenza della cattiveria, e l’energia del male non ce lo saremmo aspettato di gustare così tanto una sequenza di fatti e sentimenti.
Di fatto la storia è quella del rapporto madre – figlia, più precisamente madre-figlia-nipote, tre donne nella Russia sovietica. Un rapporto difficile tra una donna bella e intelligente, una figlia non bella, di una insignificanza dovuta a un continuo raffronto con la madre, ragazza fragile, insicura, disinteressata, trascurata nella sua educazione alla socialità. Il rapporto si complica poi con l’arrivo di una nipotina quasi rubata per farne una figlia, la figlia che avrebbe voluto, quella sveglia, intelligente, promettente. Tutto ruota attorno a loro tre.
Gli uomini sono presenti in questo romanzo, come di contorno, esclusivamente per le opportunità che possono offrire. Rosalinda ha un marito del quale quando può vanta l’importante carica che ricopre, la figlia che prima non aveva ben chiaro come aveva fatto a partorire incontra un uomo che la madre saprà manipolare per consentire a tutte e tre di trasferirsi in Germania, dove la vita è meno complicata, l’appartamento non sarà in condivisione con altre famiglie, il cibo disponibile senza tessera di razionamento, con la possibilità di acquistare prodotti di abbigliamento, shampoo, saponi senza dover ricorrere a vie traverse.
Non posso svelare lo sviluppo della storia, che è davvero divertente ma che ci fa anche osservare qualche nota della vita quotidiana nella realtà sovietica degli anni Settanta dove non c’è spazio per i sogni.
Rosalinda sarà concentrata sulle cose pratiche per la sua famiglia, non lasciando spazio a nessuno nel prendere decisioni sia quelle importanti che quelle quotidiane nel comune svolgimento delle attività domestiche, scolastiche, lavorative, familiari, rasentando quella inclinazione ad un approccio prepotente e malevolo che ci era stato anticipato.
Orgogliosa, egocentrica, per governare il bene della famiglia, il bene secondo i suoi canoni, senza lasciare nulla al caso. Ma non sarà così, le persone per le quali ha inteso scegliere le riserveranno più di una sorpresa.
Il richiamo del titolo alla cucina è alla fine chiaro, la famiglia un microcosmo per il quale lotta fino alla esasperazione, fino a quando il suo machiavellismo non la porterà a concentrarsi anche su di sé, sapendosi reinventare come spesso abbiamo visto nelle donne dell’Est che sono giunte nei nostri Paesi occidentale.
Maria rosa
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