di S.N. Behrman
Questa settimana vi propongo la lettura di una biografia, quella di Joseph Duveen (1869-1939) mercante d’arte inglese, nel testo di Samuel Behrman, autore di teatro, sceneggiatore, giornalista, che pubblicò a puntate sul New Yorker nel 1951 e 1952 questo ritratto che poi diventò il bel libro Duveen il re degli antiquari pubblicatoin Italia da Sellerio nel 2018.
Una biografia che si legge come un romanzo e racconta la storia di Duveen definendolo spettacolare mercante d’arte. Già, perché fu certamente il mercante più noto al mondo, cacciatore di opere d’arte in tutta Europa, che seppe intessere numerose proficue relazioni che gli consentirono di venire a contatto coi proprietari di pezzi importanti. Partendo dal presupposto che l’Europa aveva i quadri, l’America aveva i soldi, i suoi affari sarebbero andati a gonfie vele, tutti sarebbero stati pronti per uno scambio.
Viaggiatore instancabile, si spostava dalle sue sedi e gallerie di Londra, Parigi, New York e insieme a lui viaggiavano opere d’arte.
Mise a punto diverse tecniche per i propri affari, sapeva come avvicinare i proprietari delle opere, magari aggregandosi a facoltosi turisti americani in viaggio, tenendo conto che la sua reputazione lo precedeva. Acquistava con prudenza, accertandosi della corretta attribuzione, acquistava al massimo prezzo possibile, vendeva a cifre astronomiche, come garanzia gli acquirenti sapevano che in qualunque momento avrebbero potuto rivendere il quadro a Duveen allo stesso prezzo dell’acquisto.
Il libro ci parla di fatti avventurosi, colpi di scena, qualche piccolo processo in cui fu coinvolto nonostante la sua prudenza, al fatto che chiamò quale teste a suo favore lo storico critico dell’arte Bernard Berenson, massima figura nel campo e il più autorevole attributore di opere d’arte al mondo e racconta dei loro rapporti negli anni (“non comprate mai un quadro italiano senza la benedizione di Berenson, MAI!” Ripeteva Duveen ai collezionisti). Berenson, che era anche curatore di numerosi cataloghi di collezioni americane, negli Stati Uniti si trovava a frequentare la stessa cerchia di conoscenti e l’autore ci fa parte di scenette e battibecchi tra i due, un’acquirente a una cena mostra a Berenson un Botticelli, il suo nuovo ultimo acquisto, Berenson non lo ritiene tale, Duveen ricompra prontamente il quadro dalla collezionista a cui l’aveva venduto, oppure il caso del Giorgione che per Berenson invece era un Tiziano sancendo così la gravità di non averne riconosciuto l’autore.
Così capolavori come Il ragazzo in rosso di Velasquez, ora visibile al Metropolitan Museum di New York, o La Madonna con Bambino dipinto da Raffaello nel 1505, La Madonna col bambino dipinto da Filippo Lippi nel 1440, Ritratto di donna con ventaglio di piume di Rembrandt, ora esposti alla National Gallery of Art di Washington, solcarono l’Oceano per arricchire collezioni private.
Interessante la vicenda del dipinto Il ragazzo azzurro, grande olio su tela di Gainsborough del 1770, venduto a Duveen dal duca di Westminster che fu poi acquistato dal magnate californiano Huntington per la astronomica cifra di settecentoventottomila dollari, prima di partire per gli Stati Uniti fu esposto a Londra alla National Gallery in Trafalgar Square per tre settimane durante le quali ben 90.000 persone andarono a vederlo, in una eccezionale mostra aperta al pubblico.
Duveen mercante d’arte entusiasta, stratega ma anche mecenate, finanziò le nuove gallerie della National Gallery e la sistemazione di alcune sale del British Museum che ospitano i marmi del Partenone, donò quadri alle collezioni nazionali ma anche contribuì a far sì che molte collezioni d’arte americane dessero vita ai grandi musei americani, tenuto conto che molti collezionisti data l’immensità delle loro raccolte avessero dovuto costruire appositi palazzi per contenerle e per evitare di lasciare in eredità esose tasse di successione, Duveen offriva ai suoi facoltosi clienti una scappatoia che consentiva loro di continuare ad acquistare e godere opere d’arte, il lascito pubblico li faceva risparmiare ma soprattutto assicurava loro l’immortalità
Maria rosa
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