Irene Némirovsky nata a Kiev nel 1903 – emigrata dopo la Rivoluzione d’Ottobre – dopo aver soggiornato a S.Pietroburgo, in Finlandia, a Stoccolma, si trasferì in Francia nel 1919 con la famiglia, padre banchiere, madre dedicata a sé stessa. Nel 1942 fu arrestata “in quanto ebrea” (nonostante la conversione al cattolicesimo nel 1939) e deportata ad Auschwitz dove trovò la morte.
Pubblicò molto ed ebbe un grande successo editoriale negli anni Trenta del Novecento, brillante e sensibile scrittrice, ci ha regalato una moltitudine di opere pubblicate in vita, numerosi inediti pare salvati dalle figlie in una valigia che si trascinavano nella fuga dal nazismo. Scriveva in francese – lingua del paese di adozione ma anche la lingua delle classi abbienti russe – e la si annovera tra i grandi scrittori francesi.
In molti dei suoi romanzi la trama ricalca tracce autobiografiche, il padre concentrato sul lavoro di banchiere, la madre alla ricerca dell’eleganza in una Parigi rigida e poco accogliente verso i nuovi ricchi.
Il ballo – scritto nel 1928 e pubblicato nel 1930 – è un brevissimo romanzo in cui nei sei capitoli che lo compongono si incontrano non molti personaggi chiave: la protagonista Antoinette una quattordicenne, la madre Rosina, il padre sig. Kampf (non viene mai indicato il nome proprio), la governante, la maestra di musica. Si percepiscono altre figure nella storia, quelli che mandano avanti la bella casa, cuochi fattorini cameriere che hanno orecchie ben aperte e sanno ridere e sorridere dei datori di lavoro dai quali non ricevono mai alcuna considerazione.
La madre viene presentata come una donna cattiva, che esclude da tutto la figlia, ne respinge l’affetto, il sig. Kampf, il padre, un uomo assente concentrato sulla sua attività di banchiere.
Ma cosa passa per la mente di una adolescente la cui famiglia facoltosa ha salito la scala della società parigina in breve tempo, dove i protagonisti fanno i conti con un passato di cui si vergognano e sul quale si deve mantenere il segreto? La storia piena di sfaccettature inquadra un periodo storico, questioni familiari e sociali, il disagio di una adolescente che si sente messa da parte, non coinvolta e che matura un fortissimo sentimento di astio nei confronti della madre, talmente forte da covare una vendetta esemplare. La quantità di denaro sopraggiunta improvvisamente in una famiglia borghese richiede secondo la madre un riscontro sociale tanto ambito che potrebbe essere stimolato mediante la organizzazione di un ballo nella propria sfarzosa residenza.
Uno sforzo organizzativo importante per chi non conosce ancora bene l’etichetta parigina, ma gli inviti da spedire alla crème della società vengono realizzati in carta speciale tagliata a mano, incisi e non stampati, all’addobbo delle sale penseranno abili giardinieri, l’abito e i gioielli che la Rosina indosserà sono pronti, gli ordini diramati al personale di servizio chiari, come anche ordinati i lussuosi e ricercati cibi da offrire. Si respira un po’ di ansia per l’evento che deve filare liscio. In tutto questo Antoinette scopre che per tutta la durata del ballo sarà relegata in uno sgabuzzino per permettere di poter utilizzare la sua camera come postazione bar.
Il caso vuole che sia proprio il ballo che farà prendere ad Antoinette la decisione di vendicarsi della madre, la colpirà proprio nel suo più grande desiderio e nelle cose che stava rincorrendo. Non diciamo qui i dettagli dello sviluppo della storia, diciamo solo che nessuno potrà mai determinare i colpevoli dell’insuccesso. Saranno le lacrime amare della madre che traghetteranno Antoinette all’età adulta.
C’è Parigi in questo romanzo, ci sono sentimenti, ci sono i ceti sociali privilegiati ma anche la percezione che ”tutto questo starà arrivando alla fine e non se stavano accorgendo”. Anche in questa sua opera l’autrice mostra di aver saputo intuire e prevedere nel tempo i grandi cambiamenti della sua epoca.
maria rosa
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